I locali trentini tolgono le slot, inizia la lotta contro il gioco d'azzardo

Avere un locale libero dal gioco dall’azzardo è più semplice a dirsi che a farsi. E ben lo sanno i gestori di locali che hanno scelto di non avere le slot, come ci racconta nell’intervista Ivan, uno fra i primi ad aver eliminato le “macchinette” dal suo bar.

Le offerte di slot machine per le attività pubbliche sono piuttosto pressanti, e garantiscono guadagni importanti, utili – soprattutto in un momento come questo – ad aumentare il profitto di un’attività, o spesso fondamentali proprio per tenerla in vita.

Una volta che le slot entrano in un locale, il 75% di quel che viene puntato torna in vincite. Il restante 25% è spartito fra gli attori della filiera del gioco (esercenti, gestori delle slot ed Erario).

Non è semplice decidere di rinunciare ad un’entrata certa come quella che viene garantita dalla presenza di queste “macchinette” nei locali pubblici, e nella lotta all’azzardo patologico questa problematica appare ben chiara. Non essendo possibile aiutare economicamente chi sceglie di non avere (o decide di eliminare) le attività d’azzardo, l’Alleanza per la tutela e la responsabilità condivisa nel contrasto e nella prevenzione del gioco d’azzardo patologico sta studiando un riconoscimento etico per chi ha fatto propria la filosofia dell’Alleanza stessa, proteggendo di fatto le persone più deboli della società.

Ben prima della nascita dell’Alleanza si sono registrati segnali importanti ed incisivi di rifiuto di queste logiche imprudenti.

Un esempio incisivo lo ha dato don Celestino Riz, parroco di Bondo, Breguzzo, Roncone e Lardaro, che ha convinto alcuni esercenti della sua comunità a liberare i loro locali dalle slot machine, dedicando parte delle prediche domenicali  alla critica di queste attività. La sua proposta di fare obiezione di coscienza, allungando la strada di cinquanta o cento passi per scegliere un locale senza slot (ché – aggiunge – camminare fa pure bene alla salute), è stata accolta anche da molti fedeli, che premiano in questo modo la scelta consapevole e difficile di chi ha rinunciato ai facili guadagni dell’azzardo.

Ed anche la sensibilità dei singoli esercenti rispetto alle tematiche dell’azzardo è fortunatamente in crescita.

Accanto a chi da sempre rifiuta la logica delle slot all’interno del proprio locale, è in aumento la schiera di chi decide – seppur a fatica – di rinunciarvi. La convivenza con chi ha ormai acquisito la dipendenza da azzardo ha fatto aprire gli occhi sulla realtà del fenomeno, diventando in molti casi un motivo sufficiente per modificare l’impostazione dei locali, eliminando quelle che dovevano essere un intrattenimento giocoso e divertente.

Fra i primi ad aver compiuto questa scelta a Trento è Ivan  Fontana, titolare del bar “Civico 131” in via Perini.

Ci incontriamo una mattina, e la prima cosa che mi dice è “lo rifarei subito. È stata una scelta positiva, anche se non semplice”.

Ivan racconta “Nel 2009 ho aperto il bar, ed all’interno avevo 2 slot. All’inizio era un passatempo divertente, e si giocava fra amici all’ora dell’aperitivo: pochi Euro, e chi vinceva pagava il giro quel giorno.

Avevo un ottimo rapporto con il fornitore, che mi aggiornava sulle ultime novità. Ci tenevo ad avere sempre le slot migliori, le più nuove: per me era motivo di vanto.

Poi che è successo?

All’inizio il problema della dipendenza non era così evidente, ma nel tempo ho iniziato a rendermi conto che le cose stavano cambiando. Ho visto cose che mi hanno fatto riflettere. Ricordo in particolare una mamma con il bimbo nel passeggino che giocava per ore.

E che ha fatto?

Ho iniziato a spegnere le slot nei momenti della giornata in cui sapevo sarebbero venuti i giocatori più incalliti, e durante le quali sapevo avrebbero giocato di più.

Finché, nel 2012, ho deciso di toglierle: prima solo una, poi entrambe.

La frequentazione del bar è cambiata, da quando ha fatto quella scelta?

In realtà ho modificato lo stile del locale, più o meno in contemporanea alla decisione di togliere le slot, rendendolo un bar diurno.

Ma ho perso dei clienti: i veri giocatori, quelli che trascorrevano ore davanti ai monitor. Che, oltre che giocari, erano anche dei consumatori.

Conosce altri che hanno fatto la sua stessa scelta?

So che altri hanno seguito il mio percorso. Ma non ci conosciamo direttamente.

Ha rimpianti?

No. Per nulla. L’ho fatto pensando ai miei figli. È una scelta che rifarei subito.

L’unica cosa che mi spiace è di non aver sentito molto la vicinanza delle Istituzioni, all’epoca. Non cercavo aiuti economici, ma un supporto morale, un riconoscimento etico me lo sarei atteso. Anche se so che la Provincia si era attivata per dare mutui agevolati a chi avesse fatto questa scelta.

La maggiore delusione è vedere che non si aprono grandi prospettive: rinunciare alle slot resta una scelta di alcuni. Qualche movimento (più o meno volontario) si attiva, ma lo Stato continua a consentire il gioco senza cercare soluzioni al problema.

Lei ha qualche idea in merito?

Non ho una soluzione, chiaramente. Ma forse abbassare la vincita massima potrebbe aiutare. Ora si vincono fra i 900 e i 1.600 Euro: cifre che possono ingolosire. Se il massimo della vincita potessero essere 400 Euro, forse le persone farebbero meglio i conti fra quanto spendono e quanto vincono.

Il 24 gennaio lo Slot Mob – il movimento che sta toccando l’Italia per sensibilizzare contro l’azzardo - sarà a Trento. E in mattinata al bar Civico 131, in rappresentanza di tutti i locali che hanno fatto la scelta di rinunciare all’azzardo, si terrà parte dell’evento: un priimo appuntamento per la colazione.