L’impronta nel tempo, una passione sfociata in un libro
/Al giorno d’oggi la sua funzione primaria – ovvero quello di protezione – è ormai data per scontata: la scarpa è parte integrante del look, soprattutto femminile. La moda ne ha fatto un simbolo di bellezza, proponendone modelli di ogni foggia e per ogni occasione.
E la donna, che per le scarpe prova da sempre un’attrazione irresistibile, finisce spesso con il possederne parecchie. I motivi che spingono – a livello inconscio – alla passione per la scarpa sono stati studiati: chi afferma si tratti di affermare la propria autonomia e sentirsi indipendente (le scarpe ci trasportano – attraverso il piede – ovunque desideriamo), chi ritiene vi sia un’identificazione fra la scarpa e chi la indossa (porti i tacchi? Sei una donna più sexy. Se indossi anfibi sei aggressiva, ecc…).
C’è anche chi sostiene che il tacco sia un prolungamento di noi stesse che ci infonde fiducia.
C’è chi, alle scarpe, ha dedicato un libro. Un libro che ne parla da un punto di vista storico, partendo dalla preistoria, e ne racconta i protagonisti, dai calzolai ai grandi stilisti.
L’autrice – Mara Davi – dopo anni di lavoro e ricerca ha portato a termine la sua fatica, pubblicando un volume ricco di approfondimenti storici sulle calzature, corredato da immagini e miniature.
Come nasce la passione per le scarpe?
Nel 2004 mio padre – medico ortopedico - mi ha mostrato delle diapositive su uno studio del piede. Illustrava, fra le altre cose, le conseguenze generate dall’utilizzo di scarpe che costringono a posizioni scorrette. In quell’occasione ho visto per la prima volta delle scarpe medievali. Mi hanno incuriosita, ed ho iniziato a documentarmi.
Dopo un anno mi sono resa conto che avevo accumulato molte informazioni, e che avrei avuto tante cose da dire. Così ho deciso che avrei raccolto tutto in un libro.
Lei ha una professione impegnativa, ed è anche mamma di quattro figli. Quando riusciva a scrivere?
Nei ritagli di tempo, la notte…qualunque momento era buono per leggere o scrivere.
E la stanchezza?
No, quella non proprio non la sentivo! Ha sempre prevalso una costante curiosità per ciò di cui parlavo, che mi teneva sveglia fino a tarda notte, e mi faceva continuare. Scrivere era emozionante. È stato così almeno fino al terzo figlio. Da li ho iniziato a rallentare un po’.
Come ha organizzato la stesura del libro?
Avevo molti testi da consultare, e dal 2006 ho anche iniziato a visitare i vari musei della calzatura italiani: Rossimoda a Strà, Fratelli Rossetti a Parabiago, il museo di Ferragamo… Ho sempre coinvolto la mia famiglia in questo progetto, ed organizzavamo le ferie in modo da poter abbinare qualche visita ad uno o all’altro museo.
Ho anche trovato moltissimo materiale, fra cui interessantissime riviste di moda, anche alla biblioteca di Castel Thun: una raccolta davvero ricca e utile per la ricerca che stavo facendo.
Cosa la ha incuriosita di più?
Non avrei mai finito di fare ricerche su greci e romani. Avevano tanti diversi tipi di calzature, e non sempre è stato facile abbinare i nomi al corretto tipo di scarpa. Un lavoro difficile, ma stimolante.
Ed è stato bellissimo anche entrare in contatto con i calzolai e gli stilisti di scarpe; parlare con loro e condividere la loro storia.
Ama anche possedere le scarpe, oltre che parlarne?
Il mio armadio - e ormai non solo il mio: mi sto espandendo negli armadi del resto della famiglia! - è pieno di scarpe. La passione non è solo a livello documentaristico. Ho scarpe da ginnastica, scarpe con il tacco, stivali, ballerine…le scarpe che possiedo seguono il mio modo di essere, che è vario a seconda del momento e dell’occasione.
E quali, tra le scarpe di cui ha scritto, vorrebbe nel suo armadio?
Le scarpe che amo di più e vorrei nell’armadio? Se devo proprio fare una scelta, quelle di Rene Caovilla.
Una volta terminato il libro, come ha trovato un editore?
È stato un momento difficile. Avevo ricevuto tre proposte, ma avrei dovuto contribuire per i costi di pubblicazione.
Ho rifiutato, e mi sono armata di pazienza: volevo che il libro fosse pubblicato da qualcuno che credeva in toto in me e nel progetto. E alla fine l’ho trovato.
Ha presentato il libro a Trento, ed è stato un grande successo. Ed ora? C’è qualche prospettiva interessante in vista?
A Trento la presentazione ha avuto una partecipazione inaspettata: il libro è stato molto apprezzato. Ma la cosa più emozionante è stato sentire il calore delle persone.
Ora il libro verrà presentato a maggio a Rovereto in occasione di Arteingegna, e forse a Vigevano al Museo Internazionale della Scarpa.
E, nel frattempo, stiamo anche traducendo il libro in inglese.
Le più grandi soddisfazioni cha ha avuto da questo libro?
A livello professionale ricevere i complimenti di Andrea Pfister, uno degli stilisti di scarpe più bravi e noti.
E, a livello personale, vedere la mia figlia più grande che portava a scuola il mio libro e lo mostrava con orgoglio ed entusiasmo a tutti, professori e preside inclusi.
Ha qualche progetto o sogno nel cassetto da realizzare?
Idee ne ho sempre: ogni giorno mi viene in mente qualcosa. Mi hanno proposto di scrivere di qualche altro accessorio, ma è difficile. Non sono sicura di ritrovare la stessa passione. Ma al momento sto ferma e medito.
Stare ferma, per Mara Davi, è solo un modo di dire. È una donna piena di interessi: ha appena finito un corso di fotografia, un’altra grande passione che coltiva assieme alla corsa, allo sci e alla zumba. E, quando era in attesa della quarta figlia, aveva anche preso la patente nautica: “ma la uso poco. Nonostante navigare piaccia a tutta la famiglia, con quattro figli è dura fare il comandante e lo skipper!”
Un’ultima domanda, parlando con questa donna così poliedrica e attiva, sorge spontanea: dove trova le energie?
Sono un’entusiasta. Ho la fortuna di avere un’enorme gioia di vivere. Quando mi sveglio la mattina sento le farfalle nello stomaco pensando a tutto quello che mi aspetta.
Nel tempo ho compiuto un percorso, e lavorando su me stessa ho valorizzato i miei punti di forza. In questo ha giocato un ruolo fondamentale la mia famiglia: sentire il loro amore mi rende serena, e mi aiuta a tenere lontana la negatività.
Un’altra cosa fondamentale è che detesto buttare via il tempo: per me esserci e poter fare tutto ciò che mi appassiona è una gioia. Non voglio lasciare che la vita mi sfugga, e per questo sfrutto ogni attimo.